venerdì 17 settembre 2010

La storia dei saldi...(era luglio, però)

Sottotitolo: Perchè no? Un bel vestito non ce l'ho.

Vado a fare shopping solo perchè ci sono i saldi. Questa è la premessa mentale che elaboro per giustificare la mia voglia di acquistare qualcosa di nuovo. Per allievare ulteriormente i sensi di colpa sottolineo a chiunque che acquisto solo cose di cui ho bisogno e che sono state accuratamente trascritte in un'elegante lista che porto sempre con me in agenda, come promemoria. Ovviamente la mia mente aggirerà ogni ostacolo facendo rientrare per il rotto della cuffia qualsiasi capo di vestiario che potrebbe minimamente assomigliare a quanto indicato sul foglietto dell'elenco essenziale. L'attività dello shopping, tra l'altro, non è tra le mie preferite. Se mi chiedi: "Pomeriggio di shopping o giro in bicicletta?". Bè, giro in bicicletta TLV (tutta la vita).
Mi accingo, quindi, rigorosamente da sola, di lunedì sera, uscendo dall'ufficio, in centro a Milano, ad entrare nei negozi da me conosciuti per un buon rapporto qualità prezzo. Un confronto di qualche giorno prima con il fidanzato mi porta a controllare su ogni etichetta che il prodotto sia fabbricato in Italia, per non avere sulla coscienza le piccole manine dei bambini indonesiani già con l'artrite per le sedici ore giornaliere di lavoro di sartoria. Nel primo negozio acquisto un paio di pantaloni neri in elenco e due magliette assolutamente non previste. DHO. Per lo meno i capi sono prodotti in Italia. Nel secondo negozio acquisto una gonna assolutamente non in elenco, ma made in Italy. Nel terzo entro, ma ne esco a mani vuote. Nel quarto acquisto vestiti in elenco, ma non made in Italy. Del quinto osservo la vetrina e palesemente nessuna scarpa rientra in elenco. Torno stancamente a casa, ma mi sento soddisfatta e mi stringo reciprocamente le mani per il contegno e l'obiettivo raggiunto. Il peggio deve ancora arrivare. La settimana successiva, accompagnata dalla mamma, saltellando dalla gioia di poter approfittare del suo portafoglio sicuramente più ricco del mio e cercando di escogitare un modo per far sembrare che "No, assolutamente non puoi pagarmi nulla,ormai sono una donna autonoma e indipendente!". Gli scarponi da trekking erano il mio regalo, ma le luci per la bici e i due pantaloncini forse no. E vogliamo parlare del vestitino di Marca&Costosa, che anche in saldo era assolutamente fuori budget? In auto vengo colta da una strana sensazione, tipo quando finisci la cartaigenica ma non metti un nuovo rotolo al suoposto ... qualcosa di definibile come "senso di colpa". Mi concedo alcune giustificazioni:
"Lo sfrutterò un sacco" - non l'ho ancora indossato
"Ogni tanto bisogna regalarsi qualcosa di bello"
"Non si può vivere sempre nelle restrizioni" - ooh, quali restrizioni però!
Fondamentalmente sono stata una persona incoerente e non posso che ammetterlo. Imperterrita ho cercato le scarpe presenti nellla lista dei bisogni (desideri?). Non le ho trovate. E quando mia madre mi ha preso un paio di scarpe perchè "Non posso vederti andare in giro con quelle!", non ho fatto altro che dire "Grazie, ma non ne avevo bisogno". Che presa di posizione: accipicchia!

Così mi interrogo.
I bisogni e le necessità.
E' ovvio che se mi confronto con chi è povero i miei bisogni assumono il sapore e l'odore di patate marce da mesi. I soldi spesi per l'acquisto di vestiti potevano essere risparmiati per la realizzazione del mio progetto. Il mio conto corrente ancora fa fatica a rimpinguarsi. Forse anche perchè voglio sempre viaggiare: ma questo argomento merita un post a parte, vero Chiara e Charlie?!?

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